Nasce nel 1937 a Parigi, artista toscano d’adozione Alain Bonnefoit, ha mutuato con intelligenza il segno fluttuante di Matisse, la corposità plastica di Arp e la casualità danzante di Dufy. Il tutto stemperato dal 1965, nelle luci e tonalità toscane. Bonnefoit, infatti, approfondisce la raffigurazione del nudo poco prima di trasferirsi in Italia. Proprio qui, nei dintorni di Siena, comincia a sperimentare le varie tecniche, dalla tecnica mista su carta, all’olio, l’acquarello, le litografie, la china col metodo giapponese sumi-e, la scultura, con l’unico scopo di dare vita a infinite varianti nel ritrarre il corpo femminile in un clima di pacato erotismo. Bonnefoit, soprattutto dopo aver appreso la tecnica sumi-e (che insegna a realizzare una figura con un solo gesto meditato, senza mai staccare il pennello dal foglio) nei primi anni Settanta, dipinge, “scrive” una vita fatta di sguardi e di corpi, tenendo appese quelle sue creature fragili che poco basta a sciupare. Dalla fine degli anni Ottanta si segnalano importanti esposizioni a Parigi, Vichy, Angers, Toulouse, Sion, Le Havre, Bièvres, Metz, Juan-les-Pins, Venezia, Pisa, Firenze, Milano, Siena, Lille, Grenoble, Nantes, Marseille, Strasbourg, Reims e Brion. Dagli inizi degli anni Novanta la vera esplosione artistica: le richieste di mostre personali si moltiplicano rapidamente, così come il successo di critica e di pubblico. Rilevanti le mostre di Tokyo, Roma, Parigi, Losanna, Osaka, Orléans, Los Angeles, Luxembourg, Martigny, Firenze, Cannes, Bruxelles, Kyoto, Chaumont, Lyon, Certaldo, Bordeaux, Seoul, Ludwigshafen, Siena, Pietrasanta, Tahiti, New York, Kwangju, Napoli. Sue opere si trovano in istituzioni pubbliche giapponesi, coreane e francesi. Ad oggi ha tenuto oltre 200 mostre personali in tutto il mondo. Attualmente continua a vivere tra la Francia e l’Italia, che ormai considera come una seconda patria.